di Paolo Pastorello – Roma 7 ottobre 2015
A proposito di quanto scrive Edek Osser, noto e stimato giornalista che si occupa di Beni Culturali per il Giornale dell’Arte, penso sia importante precisare che la cosiddetta eccellenza del restauro Italiano nel mondo (ormai, come è evidente, parzialmente perduta), non sia da identificarsi con questa o quella figura professionale, più o meno eccellente.
Le palesi figuracce che sempre più spesso facciamo col resto del mondo (da Pompei al Colosseo) e i consigli che ci vengono inviati, con scarsa attenzione per il nostro Patrimonio Culturale, dalla Comunità Europea su come normare il settore del restauro e della conservazione dei nostri monumenti, denota la nostra ormai perduta leadership in questo settore.
Io credo che il Restauro Italiano vada difeso come eccellenza in quanto SISTEMA, nella su capacità dimostrata innumerevoli volte di essere una filosofia, fatta di teorica e di prassi: un sistema logico di interconnessioni multidisciplinari.
Dalla progettazione all’esecuzione, tutte le professionalità del settore del restauro conservativo (tutte quelle che confluiscono e lavorano insieme nella nostra Associazione), devono interagire, sul campo e all’interno delle nostre istituzioni, al fine di mettere in pratica i principi generali che informano i criteri operativi della tutela.
In questa prospettiva, l’unica possibile per la salvaguardia del Patrimonio storico-artistico collettivo nel quale ci identifichiamo come Popolo e come Cultura, dobbiamo batterci, tutti, affinché si trovino gli strumenti più adatti per promuovere e applicare quei principi che per tutto il mondo sono stati per molto tempo un solido punto di riferimento.
L’eccellenza è una virtù molto relativa, poiché si può essere eccellenti politici altrettanto quanto eccelsi tennisti, conservatori o falsari, chirurghi, infermieri o ristoratori. Che piacere uscire da un ristorante (cosa difficile) senza aver avuto la sensazione di essere stati derubati (o, peggio, avvelenati) e pensare con gratitudine: che eccellenti professionisti! Nel mondo interdisciplinare del restauro il problema principe è convincersi che tutti gli attori del progetto, dall’ideazione all’esecuzione, sono figure professionali parimenti indispensabili, che il lavoro scaturisce dalla collaborazione di un team ben strutturato, dove ognuno ha il proprio ruolo, secondo le proprie competenze, che discendono tanto dalla formazione quanto dall’esperienza.
Il problema è (ed è evidente che esiste su entrambi i lati della barricata) capire chi è chi e come farli lavorare nel team, con competenza, soddisfazione e senza prevaricare gli altri, siano essi categorie professionali o persone. In questo, ognuno di noi dovrà riuscire, con obiettività e umiltà, a capire dov’è, in quel gruppo, il proprio posto, ideativo o operativo che sia, senza confondere la propria “eccellenza” con quella degli altri, senza svilire la propria fisionomia professionale (artigianale, intellettuale, direzionale, organizzativa, di semplice, pur eccellente collaborazione, ecc.) né pensare di potersi sostituire a chi per titolo, competenza o esperienza svolge un determinato ruolo nella categoria di appartenenza o nell’organizzazione aziendale.
Ancora una volta dobbiamo ricordarci che il restauro moderno non è declinabile in una serie di abilità nello svolgere mansioni cui si può essere più o meno adeguatamente addestrati (i cosiddetti 12 settori, che potrebbero anche essere 21 o 221!), ma un processo intellettuale complesso (ideativo, organizzativo e realizzativo) che consenta lo studio, il rispetto e la conservazione delle testimonianze insostituibili della nostra storia materiale e intellettuale.
Il problema è che ancora oggi, nel 2015, non possediamo strumenti legislativi e normativi adeguati e rischiamo, come gli ultimi esiti dimostrano, di peggiorare gravemente le cose, tra sentenze (sentenza Consiglio di Stato del 15/09/2015 sull’idoneità tecnica delle imprese che rende possibile affidare la direzione tecnica a soggetti privi di idonei titoli di studio, se già qualificati come direttori tecnici dal d.P.R. 34 del 2000) e procedure telematiche di qualifica che appaiono inadeguate alla gestione di un’immensa mole disorganica di dati finalizzati al reale riconoscimento delle professionalità e delle competenze che si cerca di definire secondo la norma.
L’Eccellenza da difendere è quella del Sistema Restauro Italiano fatto di istituzioni, ricercatori, scientifici, storici dell’arte, imprese OS2 e OG2 ben strutturate, architetti, progettisti, restauratori, aiuto-restauratori e altre professionalità, tutti preparati e competenti, ma ognuno con un ruolo specialistico ben definito per la conservazione del Patrimonio Culturale.
Paolo Pastorello – Presidente di RSF Italia