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LA MAFIA HA BISOGNO DI BRUTTEZZA

Da “Vernissage”- IL Giornale Dell’Arte – feb 2015

eretici e profeti: conversazioni con Italiani pericolosi – intervista di Sergio Rizzo a Gian Antonio Stella 

«Per risanare questo Paese eticamente bisogna farlo anche esteticamente. Ma Renzi, che pure è stato sindaco di Firenze, tra i suoi mille progetti annunciati, si è dimenticato della cultura» 

la casta, ovvero l’intoccabilità dei politici italiani, e poi La deriva, ossia il degrado e il declino del nostro Paese: sono due dei libri che Gian Antonio Stella (1953), gior- nalista e scrittore, ha scritto con Sergio Rizzo, suo collega al «Corriere della Sera».

Il successo ottenuto dai due titoli (il primo ha superato 1,3 milioni di copie vendute) la dice lunga sulla dolente attualità dei temi trattati. «Vernissage» li ha fatti nuovamente collaborare, questa volta in veste, rispettivamente, di intervistato e di intervistatore.
sul «corriere» hai scritto che «l’idea del bello, quasi incorporata nei nostri nonni», è stata smontata pezzo per pezzo. chi è stato?

I colpevoli sono tanti. Forse troppi, per elencarli tutti. Ha ragione Settis: è difficile trovare una cosa che abbia più di settant’anni che sia davvero brutta ed è difficile trovarne una che abbia meno di settant’anni e sia davvero bella. Chiunque abbia dato il suo contributo a questo dilagare della bruttezza non dovrebbe passarla liscia.

cioè?

Su certi edifici particolarmente brutti bisognerebbe mettere delle targhe ricordo. Una cosa tipo: «Questa schifezza è stata progettata dall’architetto Tal de’ Tali. Che si è ben guardato dal venirci a vivere». per dare l’idea che sapeva quel che faceva, immagino.
Quando Renzo Piano ha presentato il progetto per «rammendare» le periferie, ha raccontato che i giovani al lavoro sul piano di recupero hanno provato di persona a vivere lì per rendersi conto di che cosa significasse. Il fatto è che quelle periferie sono state disegnate da chi non ci avrebbe mai abitato.

sei convinto di metterci una targa? buttarle giù, no?

Magari. Poi però bisogna sapere dove mandare le migliaia di persone che abitano a Corviale o a Tor Bella Monaca.
prima o poi bisognerà cominciare, non credi? In francia hanno iniziato vent’anni fa con i piani di rigenerazione urbana.

Intanto qui potremmo cominciare con le targhe ricordo. Così la prossima volta ci penseranno settanta volte sette. Ci sono periferie così brutte che inevitabilmente diventano focolai di criminalità tradizionale e organizzata. E non ci sarebbe da sorprendersi se si rivelassero un giorno pure incubatori di terrorismo mascherato da fondamentalismo islamico.

come le banlieue parigine?

È una tesi anche tua, mi pare.

sì, certo. trovo incredibile che il risanamento delle periferie non rappresenti per qualunque Governo un’emergenza nazionale.
Tanto più per le dimensioni del problema. Paolo Berdini dice che il 48% degli italiani vive nelle periferie delle città. Spesso bruttissime. Sono 28 milioni di persone! Vai nel quartiere Brancaccio di Palermo, dove i mafiosi hanno assassinato don Puglisi. Vai nei quartieri della periferia di Napoli, ma anche di città minori. È angoscioso. Il rione saraceno di Castelvolturno è una cosa tremenda, un degrado cementizio e umano dove ci sono ragazzi che giocano al piccolo camorrista. Per non parlare di certi centri della Ca- labria. Le mafie hanno bisogno della bruttezza. Perché la gente deve abituarsi allo schifo. Rassegnarsi all’orrore. Dove esiste una Calabria diversa, come nelle aree della minoranza albanese, ad esempio, le cose vanno già meglio.

vogliamo parlare di tor sapienza a roma o Quarto oggiaro a Milano?

Ma certo. Si fa finta di non vedere che il problema etico, enorme, che c’è in Italia, ha a che fare anche con il problema estetico. Per risanare questo Paese eticamente devi risanarlo anche esteticamente.
Ho sempre pensato che si dovrebbe iniziare l’insegnamento della bellezza dall’asilo, e non abbandonarlo più. Il bambino cresciuto fra gli affreschi di Giotto, una volta diventato architetto, certe schifezze non avrebbe il corag- gio nemmeno di pensarle.

È indubbio che si debba partire dalla scuola. Se crediamo che il nostro futuro debba essere più legato al turismo, allora è inaccettabile che uno studente possa diplomarsi al «turistico» senza sapere chi erano Giorgione e Caravaggio. Sarebbe il minimo sindacale per un Paese che secondo molti potrebbe vivere di cultura. Anche chi governa si riempie spesso la bocca con la cultura e poi se ne sbatte. Sono passati dieci anni da quello scandaloso Codice dei beni culturali con dentro la sanatoria per chi aveva in casa beni

archeologici e poteva regolarizzare la situazione al modico prezzo di 50 euro, e nessuno ha mai pensato di cambiarlo. Grazie a quel Codice, ricorderai che la Finanza, quando ha recuperato una preziosa statua di Caligola che stava per essere trafugata all’estero, non ha nemmeno potuto mettere le manette al responsabile colto in flagrante.

In compenso, stavano per approvare una legge che avrebbe impedito le intercettazioni per questi reati.
Un parlamento che non si rende conto dell’importanza della cultura…
È solo perché non si rende conto? ci metteresti la mano sul fuoco? sbaglio o qualcuno molto importante sosteneva che con la cultura non si mangia? Fai il nome: Giulio Tremonti. Me la brucerei, quella mano. Perché è impossibile non vedere i dati. Destiniamo ai beni culturali lo 0,19% del Pil, meno di un quarto di quando eravamo un Paese molto, ma molto più povero. Nel 1955, sessant’anni fa, con l’Italia uscita dalla guerra non ancora in pieno boom economico, stanziavamo lo 0,80%. E poi ci stupiamo che dal 1996 al 2013, dati ufficiali, un sito Unesco come Villa Adriana abbia perduto il 48% dei visitatori, e un altro patrimonio dell’Umanità quale la Reggia di Caserta addirittura il 56%.

accanto a villa adriana volevano portarci la spazzatura di roma e nella reg- gia di caserta, dove i cortili sono transennati e i tetti vengono giù, ci abitano gli ufficiali dell’aeronautica e gli avieri con le loro famiglie. Ma a proposito di rendersene conto: secondo te Matteo renzi, che era sindaco di firenze, una delle più strepitose città d’arte, se ne rende conto?

Quello 0,19% è riferito al suo Governo. Fra tutte le immaginifiche cose che il nostro Presidente del Consiglio sforna a getto continuo perché non lancia un grande piano per la cultura italiana?
perché non ha i soldi?
I soldi servono, ma ci vuole anche la volontà. Gli potrei suggerire di farsi un giro a Capaccio, il paese delle rovine di Paestum. Lì c’è un posto dove hanno fatto delle cose fantastiche. Sono partiti da un allevamento di bufale, poi hanno cominciato a fare una meravigliosa mozzarella. Da lì hanno fatto una yogurteria con pasticceria: sopraffina. Poi un laboratorio artigianale dove si realizzano prodotti con la pelle di bufala. Quindi un piccolo museo di civiltà contadina. Sul loro sito internet, dopo una citazione di Goethe, ci sono le foto degli animali nella stalla con la musica diffusa che si lavano con le spazzole automatiche dell’autolavaggio e robot di mungitura che permettono alle bufale di autogestirsi.

dove vuoi arrivare?

Immaginiamo che tutta l’Italia sia piena di cose del genere, con una rete turistica capace di mettere insieme il meglio della nostra enogastronomia con le bellezze sconvolgenti del territorio: paesaggio, archeologia, beni artistici… Pensa che Paese fantastico.
ci vorrebbe qualcuno che ci credesse e impegnasse intelligenze e risorse, al Governo e nei dintorni, magari con fondazioni private. Una rete del genere non nasce per caso. diciamolo al ministro dario franceschini.

Diciamoglielo, ma credo che conosca la situazione. Di certo sa che abbiamo 50 siti Unesco, più due del Vaticano, e mentre la Gran Bretagna (con un terzo dei siti Unesco: 17) occupa nel settore turistico 4 milioni di addetti, qui si arriva a malapena a 2,5. Va gestito, il turismo. Gli stranieri prendono d’assalto solo Roma, Firenze e Venezia, mettendo queste tre città sotto una pressione micidiale. Venezia, per esempio, non può reggere 28 milioni di turisti l’anno che vanno tutti a Rialto e San Marco.

Una cosa il Governo l’aveva imbroccata vietando alle navi da crociera di entrare fin dentro alla basilica di san Marco.
Peccato che poi il Tar abbia cancellato il divieto.
Il turismo che uccide la bellezza… e poi con quale contropartita…

L’unico indotto economico di questi mostri sono le lavanderie di Marghera che puliscono la biancheria delle cabine. La carne viene dall’Ungheria, il salmone dall’Alaska, le aragoste da Baltimora… eppure la chiave per far ripartire lo sviluppo ce l’abbiamo sotto gli occhi da secoli: la bellezza. avremmo la ferrari, se non avessimo avuto Michelangelo? No, è chiaro. Perché la cultura della bellezza è figlia dei secoli. Se è vero che la cultura è ciò che resta dopo che si sono dimenticate le persone, l’Italia è il Paese più colto del mondo. E il più bello.

Sergio Rizzo 

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