Restauratori Senza Frontiere

L’eterno restauro della tomba di Augusto da sette anni chiusa al pubblico

Nel cuore di Roma c’è la tomba antica più grande che l’umanità ricordi dopo le piramidi. Da anni è chiusa per lavori di restauro iniziati 7 anni fa e e che continueranno chissà per quanto tempo ancora 

Di Sergio Rizzo – Corriere Tv, 15 marzo 2015

 

C’era una volta, a Roma, una piazza. Non una piazza qualunque, bensì uno dei luoghi maggiormente suggestivi del mondo. Al centro, la tomba antica più grande che umanità ricordi, con l’unica eccezione delle piramidi egizie. Un sepolcro circolare immenso, del diametro di 87 metri, edificato nel 28 avanti Cristo da colui che sarebbe stato il fondatore dell’impero romano: Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto. Più grande ancora del mausoleo sopra cui venne edificato Castel Sant’Angelo, sull’altra sponde del Tevere, e dove furono sepolti gli imperatori Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Commodo. Siamo al centro della capitale d’Italia. Via del Corso è a pochi metri, e dal lato opposto, sul Lungotevere, si affaccia l’Ara Pacis. Quella piazza intitolata ad Augusto Imperatore adesso non c’è più.

Nel 2007 è stata chiusa causa ristrutturazione dell’intera area, con previsione di restauro del sito archeologica: che però a otto anni di distanza ancora non è iniziata. Il gigantesco mausoleo che doveva ricordare quello di Alessandro Magno, e nel quale riposarono i resti di Augusto e dei suoi parenti, dal nipote Marco Claudio Marcello alla mamma Azia, e trovarono accoglienza anche quelli della madre di Caligola, Agrippina, è circondata da una invalicabile barriera metallica. Fossero ancora li’ dentro tutti quanti, pure ridotti in cenere si rivolterebbero nella tomba. La zona è off limits. Scorgiamo la sagoma del monumento appena attraverso la grata che lo imprigiona lungo tutto il perimetro. Solo questo è concesso a chi passa da quelle parti. Come tante storie del nostro patrimonio culturale umiliato, pure questa è incresciosa. Ma se si considera l’importanza del luogo, e di quello che è rimasto lì, sarebbe meglio dire: vergognosa. Anche per la beffa a testata multipla che ci siamo inflitti.

Racconta il bravo giornalista del Corriere della sera Lorenzo Salvia nel suo libro di prossima uscita “Resort Italia”, edito da Marsilio, che la mostra per il bimillenario della morte di Ottaviano e’ stata realizzata a Roma con dodici mesi di anticipo, nel 2013 “perché l’anno fatidico, il 2014, è stato riservato alla Francia con un allestimento al Grand Palais. Una scelta, di fatto, imposta dal Louvre, che solo a queste condizioni ha accettato di concedere alcuni dei suoi pezzi”. Inutile dire che la mostra parigina ha avuto molti più visitatori di quella romana. Non bastasse, quel 19 agosto 2014 in cui il mausoleo di Augusto è stato brevemente riaperto in omaggio alla ricorrenza, l’area è finita sott’acqua causa tubatura dell’Acea spaccata. Quando si dice: il fato. Peccato soltanto che in questo caso gli artefici del destino siamo noi stessi.

Scrive ancora Salvia: “A Roma, alle spalle di via del Corso, Augusto ha il suo mausoleo. La piazza che lo circonda è ridotta a un grande parcheggio; i giardini sono una via di mezzo fra la discarica e un wc all’aria aperta. Dopo una lunga mediazione, il Comune ha finalmente deciso di risistemare l’intera area. Salvo ritardi, la nuova piazza Augusto Imperatore sarà pronta nel 2017. La mostra un anno prima, la piazza tre ani dopo. Cosa poteva essere, per Roma, avere nel 2014 la mostra di Augusto, l’inaugurazione della piazza, una serie di attività collegate, dall’alto del grande convegno per studiosi fino ai giochi per bambini dedicati all’imperatore? E quante persone e soldi in più avrebbe potuto portare un progetto del genere? Il vero evento sarebbe stato pensarci per tempo”.

E qui tocchi con mano la pochezza di una classe politica mediocre e ignorante: piegata unicamente ai propri interessi da cortile. Piazza Augusto Imperatore e il mausoleo di Ottaviano sono in quelle condizioni pietose da anni perché da anni, dicono, non ci sono i soldi. Quanti soldi? In tutto meno di trenta milioni. Dodici per i restauri e una quindicina per la risistemazione della piazza. Briciole, in una città capitale dello spreco, e dove le recenti inchieste su Mafia capitale stanno dimostrando l’esistenza di un radicato e diffuso sistema di corruzione.

Non si trovano 27 milioni per un’operazione che oltre a restituire decenza a quella parte del centro di Roma e alla nostra memoria porterebbe anche un bel po’ di incassi, ma si sono trovati senza farsi troppe domande 42 milioni l’anno (e 42 milioni per 8 anni fa 336 milioni) per affittare da privati immobiliaristi e palazzinari immobili destinati alla cosiddetta emergenza abitativa, pagando gli appartamenti fino a 2.700 euro al mese: salvo poi scoprire, come stanno facendo scoprire le verifiche avviate dal sindaco Ignazio Marino, che tantissimi di quei presunti indigenti in realtà indigenti non lo sono affatto. “Il vero evento sarebbe stato pensarci per tempo”, chiosa Salvia. E di tempo per evitare la figuraccia del 2014 ce ne sarebbe stato, eccome.

Quel monumento ha avuto una storia travagliata fin dall’antichità. Dopo la fine dell’impero romano il “grande tumulo che sorge su un’alta base di marmo bianco nei pressi del fiume coperto ovunque, dalla sommità, di alberi sempreverdi” e sormontato da “una statua in bronzo di Cesare Augusto”, secondo la descrizione tramandata ai posteri dallo storico e geografo greco Strabone, venne pian piano sbucciato come una mela per riutilizzare l’enorme quantità di marmo. E’ addirittura verosimile che nell’area antistante l’ingresso si trovasse una calcara, rudimentale impianto per produrre calce. Dopo essere stato utilizzato prima come roccaforte e poi come anfiteatro, il Mausoleo diventò un auditorium che ebbe però vita breve. Alla fine degli anni Trenta, con gli sventramenti fascisti di tutta quella zona, il teatro fu smontato per riportare alla luce i resti romani. Così la tomba di Augusto è rimasta fino a oggi.

Nel 2007, quando al Campidoglio c’era ancora Walter Veltroni, fu avviato un progetto di risistemazione della piazza affidato a un pool di architetti guidato da Francesco Cellini. E sarebbero partiti anche i primi restauri del monumento dopo settant’anni. Ma i fondi ben presto evaporarono: dirottati verso altre iniziative, spiega oggi il soprintendente ai beni culturali di Roma Claudio Parisi Presicce. Confortato dal fatto che si sono finalmente reperiti ora, e con molte difficoltà, i pochi quattrini necessari a cominciare il restauro, partendo dalla rimozione dei resti delle vecchie strutture in cemento su cui era poggiato l’auditorium. Quattro milioni e 275 mila euro, grazie anche ai fondi europei. È una cifra pari a metà di quanto speso dal Comune per la beatificazione congiunta di Papa Wojtyla e Giovanni XXIII. Oppure, se preferite, pari a un quarto dei denari impiegati per salvare dal dissesto le farmacie comunali: le uniche al mondo capaci di chiudere i bilanci in rosso. Per gli altri quattrini necessari a completare il restauro e a sistemare la piazza non resta che incrociare le dita, sperando che non saltino fuori altre priorità. Come tappare i buchi di qualche municipalizzata devastata in passato dalle scorribande politiche e dalle assunzioni clientelari.

Sergio Rizzo

 

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