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Terremoto, Gisella Capponi «Ci sono danni per miliardi ma restaurare è possibile»

Da Avvenire.it Vincenzo R. Spagnolo mercoledì 2 novembre 2016

Il direttore dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro Capponi: censiti 514 edifici e 11mila opere. Alcune procedure sono lente. Scosse e cumuli di macerie complicano i sopralluoghi

«Dopo il sisma del 24 agosto, ci siamo mossi rapidamente, con la messa in sicurezza di molti dipinti e beni mobili e i primi interventi su edifici danneggiati. Ma la terra non ha smesso di tremare. E le scosse di questi giorni sono state micidiali. Sulla base del piano di emergenza del ministero dei Beni culturali, abbiamo attivato le unità di crisi di Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. Abbiamo tante segnalazioni da verificare, ma le macerie invadono tutto e non possiamo accedere senza il tramite di vigili del Fuoco e Protezione civile… ». È il direttore dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro Gisella Capponi a descrivere, nel colloquio con Avvenire, la lotta contro il tempo e contro la furia distruttrice del terremoto, condotta dalle Soprintendenze e dai «caschi blu della cultura» istituiti dal ministro Dario Franceschini, «una trentina fra architetti, archeologi, storici dell’arte e restauratori, con un nucleo di Carabinieri della Tutela patrimonio ».

La vostra Carta del Rischio cataloga oltre 100mila monumenti e più di un milione di opere. Quante ce ne sono nei territori colpiti dal sisma?
Nelle diverse zone rosse, finora abbiamo calcolato – per difetto – almeno 514 edifici, chiese, palazzi tutelati con 11.396 opere al loro interno.

Finora quante ne avevate recuperate?
Dopo il 24 agosto, abbiamo messo al sicuro nella zona di Amatrice 1.300 opere (80 custodite nel museo) su 3mila. Siamo dovuti intervenire rapidamente, anche tramite i Carabinieri, per via dei tentativi di furto. Le abbiamo trasportate nella caserma della Forestale a Cittaducale.

E gli edifici?
Non è semplice, si devono studiare soluzioni adatte. Spesso si tratta di pun- tellamenti, per ridare forza ad arcate indebolite, o di legature, come le cerchiature ‘provvisorie’ nel caso di lesioni ai campanili…

Ne avevate già eseguita qualcuna?
Sì, ad esempio al campanile di Castelluccio di Norcia. Purtroppo però, insieme al resto del borgo non ha resistito alla tremenda scossa di domenica. Ad Amatrice, eravamo intervenuti sui dipinti murari del Santuario dell’Icona Passatora e del santuario della Madonna di Filetta. Ora aspettiamo di poter accedere per verificare cosa abbia resistito. Sempre ad Amatrice, stiamo cercando di arrivare alla Torre civica, ma ci sono troppe macerie. Se nelle parti cadute c’è amianto, servono interventi di bonifica prima di poterle rimuovere…

Qualche sindaco lamenta che alcuni edifici potevano essere puntellati…
Le nuove scosse ci hanno dato pochissimo tempo per intervenire. Nel sisma di Assisi, 19 anni fa, la scossa principale fu del 26 settembre, ma la messa in sicurezza delle volte iniziò il 22 ottobre. Su murature complesse un puntellamento mal fatto, in caso della ripetizione di eventi sismici, può aggravare i danni, anziché ridurli. Inoltre, le procedure per realizzare i puntellamenti, che debbono essere compiuti dai vigili del fuoco, sono complicate. Sarebbe opportuno uno snellimento, per agire rapidamente.

Alcuni crolli si sarebbero potuti prevenire?
La scossa di domenica è stata talmente forte da far crollare edifici restaurati dopo il terremoto del 1997 o, come la Basilica di San Benedetto a Norcia, per il Giubileo del 2000. Inoltre, l’Umbria a agosto non aveva avuto crolli importanti. E a San Benedetto i pompieri avevano effettuato un intervento di riparazione, ma sul tetto, perché non c’era evidenza di danni sulle murature.

E adesso?
Ora la facciata di San Benedetto è una sorta di ‘vela’, sostenuta dalle macerie che stanno dietro. È un equilibrio molto precario… Perciò, la rimozione dei resti e la messa in sicurezza sono urgenti, ma rischiosi. Come agirete nei prossimi giorni? Non possiamo operare direttamente, ma solo tramite il supporto dei Vigili del fuoco. Sono loro che materialmente, con le nostre indicazioni, recuperano le opere nelle zone rosse e le portano ai nostri tecnici, che le mettono in sicurezza per il trasporto. Ed è chiaro, in prima battuta, loro sono sempre impegnati nell’assistenza alle popolazioni colpite. Chi solleva polemiche su presunte lentezze dovrebbe prendere atto delle regole d’intervento codificate nelle procedure…

Cosa si può fare per prevenire altri crolli?
Sono già partiti i sopralluoghi. Si dovrà verificare dappertutto, anche in zone limitrofe al cratere, quali criticità abbiano gli edifici. La conoscenza è la prima cosa.

E poi? Il governo assicura che chiese e monumenti verranno ricostruiti…
Lo saranno. Ma è essenziale che il recupero di ciò che resta in piedi sia fatto con cura. Le faccio un esempio: a San Salvatore a Campi di Norcia, dove c’è materiale prezioso (rosoni, iconostasi, dipinti), tutto dovrà essere protetto con una tettoia e poi catalogato. Bisognerà agire come per gli scavi archeologici, contrassegnando ogni frammento, perché quelli saranno i materiali della ricostruzione. Laddove invece le macerie venissero smosse a casaccio, non si potrebbe mai più mettere insieme il puzzle delle parti crollate…

Quando rivedremo in piedi quelle chiese?
Non presto, ma risorgeranno. Il Duomo di Venzone, in provincia di Udine, eretto nel Trecento, venne giù nel 1976: tutte le sue pietre furono raccolte e catalogate una per una e riposizionate, per anastilosi. Erano novantamila. Furono sistemate sui prati e la facciata fu ricomposta a terra. L’opera finì nel 1995, ma il risultato è visibile ancora oggi.

Serviranno vent’anni anche per San Salvatore o per San Benedetto?
No, quell’intervento pioneristico e altri ancora, penso alla ricostruzione di San Giorgio al Velabro dove riempimmo 1.050 cassette di frammenti, ci hanno insegnato molto. E nuove tecnologie, con strumenti preziosi come le riprese ‘scanner-laser’, ci aiuteranno. Se si trattasse solo di ‘ricostruire’, sarebbe più semplice, ma noi vorremmo operare coi criteri del restauro, recuperando il più possibile l’autenticità dei materiali, per conservare non solo l’aspetto ma soprattutto l’anima di quei luoghi.

Quanto ci vorrà per quantificare i danni al patrimonio storico?
È stato un sisma tremendo, capace di apportare danni in un’area molto vasta, perfino a Roma. Quando si arriverà alla conta effettiva, sarà una cifra enorme. Dopo il 24 agosto, il ministero aveva stimato 600 milioni di euro per il recupero di opere danneggiate. Ora si parla di miliardi…

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