Da ilMessaggero.it Lunedì 1 Luglio 2019 di Laura Larcan
Nell’ambiente è conosciuta come la “signora che salva i tesori sott’acqua”. Il patrimonio sommerso è la sua grande passione ma anche una sfida. Pinne, muta, bombole e grande tecnica da restauratrice. Archeologia, scienza e mondo marino sono il leitmotiv della sua vita. Barbara Davidde è l’archeologa italiana eletta nel prestigioso e speciale consiglio tecnico scientifico dell’Unesco per il patrimonio culturale subacqueo. Si tratta del cosiddetto “Stab” dell’Unesco, composto da 14 esperti a livello internazionale di reperti sul fondo del mare (ma anche di laghi), l’organo di riferimento principale per i 61 paesi che hanno finora firmato la convenzione entrata ufficialmente in vigore nel 2009.
Una nomina che ha avuto la quasi unanimità (30 voti contro gli 8 del candidato spagnolo e i 6 del candidato belga). Un traguardo illustre nel lungo curriculum di Barbara Davidde, giovane funzionario del Ministero dei beni culturali che dirige il Nucleo interventi per l’archeologia subacquea dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. L’ultima sua impresa, che ha riempito le pagine dei giornali, è stata la riscoperta e la «cura» delle Ville marittime di Baia, gioiello dell’area marina protetta dei Campi Flegrei, una sorta di Atlantide del Mediterraneo.
«Restaurare sott’acqua è una grande sfida – dice Davidde – dobbiamo intervenire direttamente in situ, sul fondale, a svariati metri di profondità, su muri, colonne e mosaici». Nata a Roma, classe ‘65, è cresciuta all’Eur, pattinando sotto i portici del Museo della Civiltà Romana e studiando al liceo classico Vivona. «Grazie alle mie insegnati di italiano, latino e greco, ho coltivato la mia passione per il mondo antico e ho deciso di fare l’archeologa», racconta al Messaggero. Si occupa di archeologia subacquea dal 1993.
«Lavorare all’Iscr e il mio carattere intraprendente mi hanno facilitato nella progettazione europea – racconta l’archeologa – Il nostro istituto, infatti, dal 2014 a oggi è partner di circa dieci progetti europei dedicati alla conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio archeologico subacqueo. Sperimentiamo materiali e tecniche per il restauro in situ dei monumenti sommersi. Lo facciamo a Baia, a Epidauro e presto anche a Egina. Focalizzando anche il restauro del legno bagnato». Ma ogni progetto di Barbara Davidde non resta “chiuso” al mondo degli addetti ai lavori, perché lei pensa sempre anche alla divulgazione. «Utilizziamo le nuove tecnologie come tablet subacquei, realtà virtuale, realtà aumentata, per far conoscere al grande pubblico il patrimonio archeologico subacqueo».
Barbara Davidde è membro del Comitato Scientifico di Restauratori Senza Frontiere-Italia