Basterebbe rendere disponibile un semplice webgis con le mappe del territorio e su queste riportare le posizioni dei punti, linee ed aree dei divieti. Insomma un gioco per chi lavora quotidianamente sui GIS.
Anzi si potrebbe addirittura realizzare in crowdsourcing stile OpenStreetMap, in modalità collaborativa e chiedendo agli utenti di intervenire a migliorare la qualità di tali mappe.
Nulla mi toglie dal pensiero il fatto che se per pilotare un drone è necessario avere conoscenze da pilota aeronautico, allora per semplice conseguenzialità è necessario anche poter disporre di cartografia aeronautica dedicata in cui si riportino notizie di rilievo per l’attività di pilotaggio remoto, come ad esempio i campi volo.
Un esempio ci viene dagli Stati Uniti ove una mappa delle zone no-fly per droni è disponibile. Creata da Bobby Sudekum, un analista di dati e ingegnere presso Mapbox, la mappa interattiva mostra tutti i settori che rientrano nelle tre categorie no-fly negli Stati Uniti.
Una mappa in scala di grigi con una sovrapposizione con un motivo rosso per mostrare le zone no-fly, gli utenti possono eseguire una panoramica e zoomare sulla mappa. Non vi è alcun pulsante per identificare e ottenere maggiori informazioni su ciò che rappresenta ogni area anche se gli aeroporti sono facili da individuare perché sono tutti circolari a causa del buffer di 5 miglia. Visivamente, la California ha il maggior numero di area geografica che è limitato.
Gli utenti possono anche accedere agli shapefile e file GeoJSON che MapBox ha messo a disposizione come dati aperti sotto CC-0 su Github. C’è anche un posto per gli utenti per inviare commenti sulla no-fly drone zone.
La mappa di Bobby Sudekum è disponibile qui
RivistaGeomedia avrebbe piacere di promuovere sul suo sito eventuali informazioni che possano portare valore aggiunto a tale necessità. Lo spazio dei commenti dei lettori è a disposizione per chiunque voglia intervenire.