Rotondi lo conosco bene. Sia Urbani che Rotondi parlavano di una rivoluzione fatta da mille persone capaci di combinare cultura e competenza, responsabilità e senso del dovere. «Purtroppo l’Italia si affda ai singoli, e così non cambia il sistema. Prendiamo il capitolo dei musei. Hanno problemi enormi di bilancio, lo Stato ha dimezzato le loro entrate (nel 2008, con Bondi e Tremonti, il bilancio è stato ridotto del 50%, era di 3 miliardi di euro, è passato a 1,5 miliardi); la spesa per il patrimonio culturale in Italia è l’1,1% della spesa pubblica, la metà della media europea. Una delle voci delle spese dei musei è l’energia elettrica e il gas. Possibile che lo Stato non sia riuscito a far passare il principio che, ai musei e agli istituti no proft di cultura pubblici, l’energia e il gas vengono dati gratis o a prezzi vantaggiosi?».
Come non ha senso l’Iva dovuta agli aiuti: prendiamo la scuola di Cavezzo, in Emilia, il paese colpito dal sisma di due anni fa. Qui, la sottoscrizione dei lettori del Corriere e del Tg La7 ha raccolto quasi tre milioni di euro e sono stati realizzati aule, palestra, l’orto didattico. Qui lo Stato chiede una tassa di 300 mila euro. «Questa vicenda è preziosa perché ci apre gli occhi su quei problemi che Urbani ha combattuto. Ma noi stavolta non vogliamo farci sconfggere. Uno Stato che tassa i mecenati è uno Stato che tradisce due volte se stesso: 1° non fa quello che dovrebbe; 2° rende più diffcile che lo faccia un altro al suo posto. Qui non possiamo seguire le orme di Urbani, cioè dimetterci. Riusciremo a togliere l’Iva alle donazioni? Questa è la sfda vera. Se il ministro Franceschini lo farà, lo spirito di Urbani sarà tornato ad abitare al ministero dei Beni culturali».
* Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università “Federico II” di Napoli. Giovanni Urbani (1925-1994) è stato un critico d’arte italiano